"Oggi l’educazione soffre. Se ne parla poco o non se ne parla affatto. La parola “pedagogia” è scomparsa […] ai genitori vengono fatte le proposte di formazione e di partecipazione a scuole genitori dai contenuti più disparati […], ma dei bambini che a quattro anni hanno ancora il pannolino addosso non sembra importare ad alcuno. Non è chic parlare di funzioni fisiologiche. Dei bambini che a otto anni non sanno allacciarsi le scarpe, non sembra importare ad alcuno. Non è chic parlare di aspetti così banalmente terra terra. Meglio fare progetti, insegnare l’inglese a un anno e sei mesi, meglio occuparsi di riempire la stanza dei giochi in quantità pantagruelica, con le proposte più di moda e sofisticate, o vestirli con le marche più affermate. Eppure la domanda d’obbligo è: “cosa significa educare oggi? Quale direzione, quali valori, quali azioni praticare nella relazione con i figli?"
(estratto dalla prefazione del libro “Ho un sogno per mio figlio”, Ed. La Meridiana – collana Partenze)
In Pedagogia bisogna possedere il pensiero anticipato. Questo non significa prevenire ogni fatica e sofferenza del figlio, o ipertutelare le proprie creature quasi fossero vasi di cristallo, come evidenzia l’autore in alcuni passi del libro. Ma pre-occuparsi, avere una direzione da perseguire e – perché no? – anche degli obiettivi. Se uno dei miei desideri è che “mio figlio sia un bravo studente”, allora è bene non lasciar fare alla casualità o alla fortuna. Un buon approccio allo studio inizia già alla Scuola dell’infanzia: si possono infatti offrire i giusti stimoli ad un figlio, dalla lettura al piacere di documentarsi; si può giocare con lui a fare gli scienziati. E poi insegnargli a studiare in modo autonomo alle elementari. E via dicendo. Se a 16 anni, alla soglia di una bocciatura, ci si chiede per la prima volta “come posso motivare mio figlio allo studio?” forse si è atteso troppo.
Come ricorda l’autore, l’educazione è come la distribuzione delle risorse a questo mondo: “Il 10% della popolazione detiene l’80% della ricchezza. A spanne. L’80% dei compiti educativi viene svolto nel 10% della vita di un figlio, nei primi undici, dodici, tredici anni di vita. I sette passi, e quindi le sette principali funzioni educative, trovano in questo periodo il loro maggiore investimento. Poi negli anni che seguono, non è ancora il caso di andare in pensione come genitori, si può perfezionare, aggiungere, limare, mantenere. Ma negli altri anni il rapporto deve cambiare, incamminarsi su forme sempre meno di accudimento e controllo”.
Contrariamente a quanto sostengono eminenti psicologi, l’educazione non è solo questione di “tempo di qualità”. Nei primi 12 o 13 anni di vita, quando si mettono le buone basi, la relazione educativa diventa efficace se all’interno di una sufficiente “quantità di tempo” che si trascorre con un figlio. A patto di sapere come farlo fruttare! Discernere quando è bene ascoltare, quando invece insistere sulle regole. Avere idee su quali stimoli è utile e opportuno offrire, capire come sostenerlo nelle difficoltà, sapere in quale modo è possibile trasferire i propri valori.